Dal Salento un omaggio alle donne con il nuovo Rosè dell’Azienda Mottura

Da una terra adorata dal sole e abbracciata dalle brezze marine, nasce un fiore delicato e resistente, vestito di petali velati e steli voluttuosi, dal profumo che inebria e che ammalia. È il nuovo Rosè dell’Azienda Mottura di Tuglie (in provincia di Lecce) che quest’anno dedica il suo ultimo capolavoro alle donne, attrici protagoniste, ieri come oggi, di una storia che ha dato i natali al rosato Igt del Salento, simbolo autentico della produzione vitivinicola dell’estremo lembo pugliese.

L’unione perfetta, tra le uve dei vitigni autoctoni di Negramaro e di Malvasia nera, genera un vino dalle suggestioni cromatiche di un rosa intenso ravvivato da riflessi rosso corallo e salmone.

Una “lacrima”, strappata all’amara terra salentina, pervasa da un aroma complesso, importante, piacevolmente fruttato di buona maturità, dai gradevoli sentori di lampone e di ribes, intensificato nel gusto da un tenore alcolico che non scende sotto il 12%.

Un vino dotato di carattere, che non tradisce quelle radici tenaci che affondano nelle viscere di un territorio pizzicato dal ragno della Taranta, che l’antropologo Ernesto De Martino, negli anni ’60, definiva “terra del rimorso” e che, all’alba del terzo millennio, l’etnomusicologo salentino Giorgio Di Lecce ribattezzava “terra del riscatto”.

Un rosato che si rinnova, ancora una volta, valorizzando il suo pregevole Dna, grazie anche alla nuova bottiglia serigrafata, dal design moderno, studiato con attenzione per rispondere alle esigenze di perfetta conservazione, oltre che di interessante impatto estetico, in grado di interpretare l’eleganza di un giorno speciale e la vivacità di un aperitivo in compagnia, magari fra sole amiche.

Nel bouqué del “rosetum”, chiamato così già duemila anni fa da chi ne arricchiva l’aroma con petali di rose, sono racchiuse le più affascinanti doti della femminilità mediterranea. Trasparente come la sincerità di una compagna di vita, moderno come lo spirito di un’amazzone che si muove decisa nella giungla urbana e sicura negli ambienti di lavoro come negli spazi di una casa. Soave per le sue cento spennellate di rosa, che vanno dal pallore di un’emozione prorompente al riflesso rubino di una passione sanguigna. Fantasioso, per le sue infinite fragranze che attraversano le sfere dei sensi, imprevedibile come l’esplosione di un fiore selvatico, fresco come la buccia di un frutto appena colto, amabile come il nettare che gocciola denso da un fico maturo.

Pensato e realizzato da un’Azienda che da quasi cento anni fa apprezzare, con un marchio inconfondibile, la propria produzione in Italia e all’estero, il nuovo Negroamaro del Salento Rosé Igt Mottura si presenta, quindi, come un vero omaggio alle donne.

E non è un caso che a capo del controllo della qualità e del marketing per la storica tenuta di famiglia, situata dal 1927 a Tuglie in provincia di Lecce, ci sia proprio una donna, giovane e caparbia, come Barbara Mottura, figlia d’arte e fortemente legata alla tradizione del territorio in cui è nata e cresciuta, senza trascurare per questo l’innovazione tecnologica e la modernità.

Per la realizzazione del nuovo Rosè di Mottura, la raccolta delle uve viene, ancora adesso, effettuata manualmente, nei primi giorni di settembre, selezionando con attenzione i grappoli. Dopo la diraspatura e una pressatura soffice, le uve vengono lasciate macerare a contatto con le bucce per 24 ore e solo una parte del mosto fiore viene drenato per poi essere lasciato fermentare a temperatura controllata.

Un metodo che ripropone le tecniche di una volta, quando le mani che avevano il primo approccio con i tralci appena nati per la spollinatura erano le stesse che, a centinaia, passavano lungo i singoli filari a raccogliere i frutti maturati dal sole. Quelle mani di donne salentine che nei secoli hanno sopportato la fatica nei campi a testa alta, unite anche da canti, intonati forti come i loro spiriti, che ancora oggi può capitare di ascoltare attraversando in bicicletta un viottolo tra le campagne di quelle lande, in un pomeriggio di fine agosto. Donne che hanno sempre in serbo un sorriso per chi le invita a danzare una “pìzzica de core” per festeggiare la fine della vendemmia.

E non stupitevi se una donna di oggi, stringendo tra le dita un calice odoroso di Rosé di Mottura, riesca a sentire ancora quell’eco della terra, quel senso di appartenenza e di solidarietà che lega, come in un abbraccio, le donne di ogni epoca e luogo.